Italia Loves Emilia??????

Di nuovo sulla strada.

Sono passati ormai mesi dall’ultimo viaggio a Cavezzo.

Il terremoto è ancora li,  non se ne andrà più via.

Questo breve viaggio in quella terra lo compio da solo, senza voglia, con poca convinzione. Nelle scorse settimane sono stato contattato da Giada, credo lavori per Telereggio; mi hanno invitato ad una loro trasmissione dal titolo Italia Loves Emilia – I protagonisti, per raccontare la mia esperienza nei giorni dell’emergenza post-sisma.

Non mi ritengo un protagonista. Mi ritengo un uomo anormale che ha compiuto gesti del tutto normali.

Mi avvicino a Novellara con la voglia di allontanarmici. Vorrei evitare di vivere questo paradosso oltremodo fastidioso : detesto la TV e ci finisco dentro. Non posseggo una TV ma partecipo ad una delle sue farse. Ancora adesso mi chiedo perché.  Forse credevo sarebbe stato utile per le genti emiliane. Parliamone o sarà dimenticato. Oppure ho anche io un piccolo mostro tele-attratto dentro di me. Oppure voglio che si veda la differenza, la linea di demarcazione.

Nella nebbia però, tutto si confonde.

Anche l’insegna di un alimentari è poesia. E l’odore. La puzza dei campi, profumo di soldi.

Emilia terra ricca. Terra di chi fa da se. Falso e pericoloso. Hanno avuto bisogno degli altri, e ancora ne hanno, come tutti su questo triste pianeta. E io che potevo, sono andato.

Ad accogliermi allo studio c’è Giada; poi arrivano il conduttore, i tecnici, tutti arzilli scoiattoli al lavoro. C’è euforia e fibrillazione. In me, calma assoluta e un senso intenso di fastidio. Mi presentano persone che mi sorridono e cantano la stessa canzone, di cui però conoscono solo il ritornello:

“..tu sei quello dell’acqua??”

Vorrei rispondere che non sono io. Mi sento un etichettato. Interessati a cosa? Avranno letto il blog?

Avrò circa tre minuti. Tre minuti alle volte non mi bastano neanche per un saluto. Non mi sono preparato niente. Mi hanno inviato per e-mail gli argomenti  (argomenti?) sui quali vogliono che io racconti, ma io ho cercato di non pensarci. Eluderò il tentativo di farmi entrare in un tempo televisivo. Cercherò di essere non-televisivo. Magari sembrerò impacciato, ma almeno non sarò una caricatura del lavoro del teamribelle. Proverò anzi ad essere degno di rappresentare tutte quelle persone che hanno reso viva la parola “ vicinanza “. Tutti i ragazzi del team, nessuno escluso. Io sono qui anche per loro. Senza il Teamribelle non ce l’avrei mai fatta.

Inizia la registrazione. La presentatrice è tesa. C’è un clima da circo in effetti. E nonostante vi siano persone senza dubbio interessanti, impegnate e serie, tutto sembra finto. Fasullo. Si cerca di tenere un tono da chiaccherata tra amici, ma l’intermezzo del cantante impostato, alza di un semitono il registro e ci rende parodia. Ci sono interventi fiume di operatrici delle radio locali , abituate al microfono e alla velocità dell’etere. Ci sono i sindaci, uno più popolare e umano, un altro più promoter della SEAT. Ci sono protagonisti, quelli veri, i terremotati.

Il tentativo di tutti sembra simile al mio, e si percepisce l’esigenza e la privazione del tempo necessario per esprimersi. L’espressione affrettata della conduttrice non aiuta. Ne aiuta la visione della manovalanza mediatica con il contasecondi in bella mostra.

In tutto ciò, emerge l’organizzatore del concerto al Campo Volo, con il suo linguaggio ribelle e i modi di colui che ogni giorno vive di musica e artisti. Il suo tono di voce è piacevole. Profondo e rilassato. Se ne frega dei tempi, lui. Nessuno lo pressa. Ed è un bene perché parla con cognizione. E nessuno riesce a trainarlo nella pratica autocelebrativa. In realtà si percepisce con chiarezza che ognuno è veramente in quel posto per dare un contributo. Nelle loro stranezze io li apprezzo. Mi rendo conto che ognuna di quelle persone, con pochissime eccezioni forse, ha sentito la stessa scossa che ho sentito io. Il vuoto è quindi apparente?, ed è lo spazio a far sembrare tutto cosi macchinoso. Convinto più che mai della mia scelta di abbandonare la Tv, anche se adesso vedo questo sforzo e credo si possa avere ancora speranza che un giorno quella scatola colorata possa tornare utile.

Alla fine questa sarà una trasmissione di servizio. Speriamo serva.

E’ un altro passo, mi ripeto. Niente è per caso. Anche nei momenti in cui vorrei alzarmi ed andarmene.

Arriva il momento dei saluti. Ed è come se ripartisse la vita, quella vera.

Stringo la mano alla compagna di Augusto. La sua voce mi graffia ogni volta. Mi dice che la loro associazione, grazie alla memoria del cantante, ottiene grandi successi nella beneficienza.

Poi scambio due parole con il sindaco di Finale Emilia. Mentre parlava gli tremava il cuore.

Un signore piccolo con gli occhi accesi mi stringe la mano e mi dice che ha in mente il progetto di editare un libro con tutte le nostre storie. Li per li non capisco. Poi mi guarda dritto negli occhi e mi dice :

“Ho letto il tuo blog”. Piccola soddisfazione personale, non lo nego.

E’ il momento di andare. Maurizio mi vorrebbe trattenere. La sua fu la prima voce che sentii nei giorni dell’acqua a Cavezzo. Fu lui ad indirizzarmi da Francesca. Sempre lui a diffondere il mio blog. Capisco da come mi guarda che mi stima ed è un sentimento reciproco.

Tutti sono meravigliati adesso. Hanno capito che devo fare centosessanta chilometri per tornare a casa, e che sono andato li unicamente per  quei tre minuti sparacchiati cosi, in quel circo colorato. Ma la signora con cui parlo e il suo sguardo che mi avvicina senza ringraziare ma con riconoscenza, ne vale milioni di chilometri. E’ adorabile, ed ha fatto tanto per i piccoli del suo paese. E ‘ diventata leggendaria perché ha iniziato a dipingere le tegole cadute dal tetto della sua casa, per venderle e pagarsi i danni. Non so se la storia è proprio cosi, ma lei è indubbiamente candida.

Il  freddo è pungente. Respiro chiazze biancastre.

Penso a Francesca. Penso a Marco. A Erika.

A tutti gli abitanti senza casa e lavoro.

A tutti i paesani senza più un paese. E sento una scossa, dentro. Si riparte.