Cosa resta

Mi chiedo  cosa resta.

Di un silenzio che scuote. Cosa resta.

Di una mano stretta con forza e di un pianto che non si placa.

Di una notte di vento caldo con i sorrisi e le parole dense. Cosa resta.

Di questo camminare con un piede avanti all’altro, mentre  si sussurrano confidenze. Cosa resta.

Di questo mio sentirmi piccolo, ingombrante.

Di un cenno di approvazione e di una merenda su una panchina.

Della voglia di partire senza muoversi da qui, di un sentiero tra i pruni delle more e del profumo dei castagni. Di un fuoco acceso per vederci meglio e delle ombre sugli alberi. Cosa resta.

Cosa resta della fatica di ogni giorno, della poca voglia di alzarsi, mentre fuori piove.

Cosa resta di un libro che non ho mai letto, di una canzone che non ho mai cantato.

Di una lettera scritta da mia madre, quando ancora non sapevo scrivere ma potevo amare.

Un viaggio in treno tra l’Olanda e il Belgio. Di una parola che sfugge, mentre vorresti fermare il tempo, ed il tempo corre via,e si porta dietro me.

Cosa resta dei riccioli neri spettinati mentre il gatto si snoda tra le sedie.

Cosa resta della paura di non essere adatto. Di non essere sufficiente.

Sentirsi pesante, stanco, stanco, stanco.

Cosa resta di labbra morbide, di mani che tremano. Cosa resta dei desideri, di quelli che non vuoi realizzare, cosi restano dentro e sono solo tuoi.

Cosa resta dell’equilibrio incerto della prima volta in bicicletta, della paura di perdersi, della voglia di perdersi, del calore nel perdersi.

Cosa resta di ieri. Di domani. Di adesso.

La luce accesa in casa, mentre torni e tutto è bianco. Del rosso di un sole in autostrada.

Del tetto di un auto che suona una musica ritmica e incalzante, dei finestrini appannati mentre dentro sembra tutto cosi chiaro. Cosa resta.

Ombrelloni chiusi , ultimi giorni di agosto, mentre sembra che tutto finisca.

Cosa resta delle passioni che accalorano e del senso di impotenza. Cosa resta di tutto ciò che non puoi curare, che non puoi sopportare.

Dell’aver smesso di fumare e della morte di un padre, cosa resta.

Costruiamo una fortezza con una paletta e un muro bianco di quartiere. Della periferia cosa resta. Di chi si è perso e non ritroverai mai più.

Cosa resta della voglia di proteggere, dell’insensatezza di un addio, dell’insensatezza di un inizio. Di un aereo di carta che non riesci a far volare, del freddo che punge, mentre il naso ti scoppia.

Cosa resta di un incubo, di un pensiero fisso. Dell’affannarsi a cercare, cosa resta.

Di questo mio senso di abbandono, di un pentimento e di un rimorso.

Nella voglia di scappare c’è una grande dose di coraggio e un immensa quantità di paure.

Nel rigirarsi tra le lenzuola mentre sai che non riuscirai a dormire.

Cosa resta di tutto questo circo che ci diverte, che ci rattrista, e che ci lascia con questo sapore di ambigua rassegnazione sulla lingua.

Cosa resta di tutto questo circo che ci avvolge, che ci espelle, e che ci abbandona come cani con gli occhi tristi.

Cosa resta di me. Cosa resta.